Il "Giotto" di Eataly e l'arte della semplicità

Un maggior numero di dettagli e di particolari è sinonimo di qualità? Anche se a primo acchito si potrebbe pensare di sì, sono numerose le testimonianze nel corso della storia dell’arte e del design che dimostrano il contrario.

Il "Giotto" di Eataly e l'arte della semplicità

La ricerca della semplicità nell’arte e nel design

Siamo a cavallo tra il XIII e il XIV secolo quando, in Toscana, Ambrogio o Angiolo di Bondone, conosciuto comunemente come Giotto, realizza una perfetta circonferenza senza compasso.

La storia racconta che sua santità, Benedetto XI, cercasse un artista a cui far dipingere alcune importanti basiliche. Consegnatogli, tramite un ambasciatore, il cerchio realizzato da Giotto, il Papa, tra tanti pittori, non ebbe dubbi: fu Giotto a essere selezionato. Quel semplice segno, il cerchio, era sinonimo della grande abilità e grandezza dell’artista.

La stilizzazione di Picasso

Ci trasferiamo nell’età contemporanea. Siamo nella seconda metà del XX secolo. La ricerca della semplicità è la sfida che Pablo Picasso si è ponesto, uscendone vincitore. Stiamo parlando del famoso Toro. Picasso ha intraprende infatti un percorso alla ricerca della massima semplicità: l. Lo stesso percorso che lo conduce a stilizzare la figura del toro in poche e semplici linee, prive di profondità e di dettagli. Un disegno, però, capace di far trapelare la sua potenza.

La semplicità nel design

Non solo la storia dell’arte, ma anche quella del design è costellata di grandi interpreti che hanno fatto dell’essenzialità il loro punto di forza: less is more, togliere è meglio che aggiungere. Pensiamo ad esempio a Bruno Munari o a Mies Van der Roeh: designer che con la loro matita hanno disegnato tappe fondamentali di una progettazione semplice e funzionale.

Il "Giotto" di Eataly e l'arte della semplicità

Semplicità: l’ingrediente per un grande piatto

Poche semplici linee per Giotto, Pablo Picasso e Bruno Munari. Una materia prima di grande qualità per La Granda e per Sergio Capaldo, protagonista della stessa sfida: la ricerca della semplicità. Questa volta per un grande piatto.

Semplicità è infatti qualità. Ogni grande piatto è il risultato del connubio di quattro arti semplici: agricola, zootecnica, trinciante e culinaria. Rispettando ciascun anello, ne deriva una materia prima di grande qualità. La stessa materia prima che lo chef, secondo una cucina non autoreferenziale, ha il compito di far risaltare mantenendo la semplicità che la contraddistingue.

Il "Giotto"... di Eataly

Il matrimonio tra l’arte e la semplicità, a La Granda, ha un nome: il "Giotto". Il design è quello semplice ma potente dell’artista toscano. A fare la differenza è la materia prima. Il "Giotto", l’antihamburger de La Granda, differisce da quella che è, nell'immaginario collettivo, una polpetta anonima di carne macinata creata pera farcire, insieme a lattuga, salse, conservanti, aromi e pomodoro, un panino industriale.

Il "Giotto" di Eataly e l'arte della semplicità

Carne bovina piemontese, primo Presidio Slow Food

Il "Giotto" è solo carne di bovino adulto piemontese con meno del 10% di grasso, fresca, insaporita con poco sale e mai stracotta. Non è il sapore di bruciato né il sale o le eccessive salse a raggiungere le papille gustative, ma l’arte del "Giotto" sta nel gusto: quello della carne bovina di Razza Piemontese, primo Presidio Slow Food, alimentata con fieni profumati e polifiti.