Il Formaggio Montébore: presidio Slow Food

La storia del Montébore, formaggio Presidio Slow Food di origini piemontesi il cui nome deriva dall'omonima frazione nell'Alessandrino, sembra risalire addirittura al X secolo: a inventarlo furono i monaci dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Vendersi, sul Monte Giarolo in Piemonte. Le prime testimonianze ufficiali, invece, sono del XII secolo, quando un ricco tortonese ne inviò 50 forme in dono a un prelato per richiedere la promozione del fratello prete. Scelto poi come unico formaggio per il banchetto delle nozze tra Isabella d'Aragona e Gian Galeazzo Sforza, celebrate da Leonardo Da Vinci, il Montébore è rimasto un prodotto tradizionale consumato abitualmente in territorio piemontese.

Formaggio Montebore: la storia del presidio Slow Food

La storia del Montébore

Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, la produzione di questa eccellenza si interruppe a causa dello svuotamento delle sue valli di origine. Fino a quando nel 1999 Maurizio Fava, poi promotore del Presidio, contattò Carolina Bracco, ultima depositaria della tecnica necessaria per produrlo, e ne riavviò la produzione. Nell'edizione di quell'anno di Cheese il formaggio fu nuovamente presentato e attirò su di sé un grande interesse e riconquistò un ruolo da protagonista nell'enogastronomia italiana.

Come si fa il Montébore

Il Montébore è un formaggio caratterizzato da una tipica forma a cerchi concentrici sovrapposti, che ricorda una torta nuziale e che viene attribuita al castello che si trova nel suo luogo di origine. Viene prodotto con latte crudo: il 75% di latte bovino e il 25% di latte ovino. Durante la produzione, la rottura della cagliata avviene a un’ora dal rapprendimento, e una seconda avviene dopo altri 30 minuti: a questo punto, la pasta viene messa a scolare nei ferslin, le formelle a forma di cilindro di diametro decrescente. Dopo averle girate 4 o 5 volte nei 30 minuti successivi, le forme di Montébore vengono salate, sovrapposte nella caratteristica disposizione a "castellino" e messe a stagionare da 20 giorni a 5 mesi, a seconda del gusto desiderato.

Come mangiare il Montébore

Ottimo a tutto pasto, il Montébore è esaltato da mieli o marmellate di arance, gelatine di frutta e frutta secca o caramellata. Ideale anche come ripieno per gnocchi e involtini di carne e verza ( i capunet, tipico piatto piemontese), come cuore degli sformati di verdura e per dare personalità a un risotto con la zucca.

Scopri le altre storie dei Presìdi