Presìdi Slow Food: Puzzone di Moena

A partire dal primo Dopoguerra gli allevatori delle Malghe della Val di Fassa, dopo aver ritirato dal caseificio il formaggio prodotto con il proprio latte, presero l'abitudine di bagnare con acqua e sale la crosta di tutte le forme durante la stagionatura in cantina. Questo trattamento creava uno strato quasi impermeabile che da una parte impediva fermentazioni indesiderate, dall'altra favoriva lo sviluppo di profumi intensi e molto caratteristici.

La storia del Puzzone di Moena

L'unicità del Puzzone di Moena

Nasceva così quello che dagli anni '70 viene chiamato Puzzone di Moena (in precedenza Nostrano o Spretz Tzaorì in lingua ladina), la cui caratteristica è l'odore generato dalla crosta umida che agli amanti del genere ricorda note di erbe alpine e frutta matura: un formaggio che in bocca è molto persistente e richiama il sapore della nocciola tostata.

Come si produce il Puzzone di Moena

La produzione del Puzzone di Moena, oggi Presìdio Slow Food che tutela le forme marchiate con la "M", cioè quelle prodotte con latte di malga, comincia con l'arrivo del latte nel caseificio di Predazzo: qui il casaro lo pesa e verifica la temperatura e le dimensioni dei grani della cagliata. Il latte viene poi riscaldato nelle caldaie di rame a 34°C, innestato con latte innesto prodotto in azienda e viene poi aggiunto il caglio di vitello. Dopo un po' di attesa, la cagliata viene rotta e cotta al vapore a 47°C. Una volta depositata sul fondo, questa viene raccolta con una pala di legno e messa su un telo, dove viene tagliata e poi sistemata nelle fascere di legno e pressata leggermente perché possa perdere liquido. Le forme vanno poi in salamoia per 4 giorni e vengono infine stagionate da 60 giorni a sei, sette mesi. In questo periodo, ogni forma viene passata con uno straccio bagnato ogni settimana, in modo da poter acquisire gli aromi tipici del formaggio e il colore rosso mattone.

Come mangiare il Puzzone di Moena

Il Puzzone di Moena è un formaggio talmente particolare che merita di essere gustato al naturale, magari con un bicchiere di vino rosso. In alternativa, è ottimo con i piatti tipici dei territori trentini: polenta, gnocchi o sciolto sui crostini.