L’impero dolce di Sal De Riso a Eataly Roma

E’ un innovatore nel pieno solco della tradizione. Ha creato dolci ormai copiati ovunque, come la Delizia al limone (pan di Spagna con crema pasticcera al succo di limone e ricoperto di salsa alla buccia di limone d’Amalfi igp) o la torta Ricotta e pere (biscotto alla nocciole farcito con crema alla ricotta mantecata con cubetti di pera Williams) o i profiteroles al limone, tanto per citare suoi più famosi. Poi ha pure cambiato anima al panettone, con nuovi abbinamenti deflagranti, su tutti quello con crema al limoncello. Eppure non è certamente milanese: Salvatore De Riso, classe 1966, è campano della Costiera Amalfitana. Pasticcere assai conosciuto grazie anche alle sue frequenti apparizioni televisive, è partito del nulla e approdato ora – tra le altre cose – anche all’Eataly romano, dove fino al 7 aprile potranno essere acquistati suoi cavalli di battaglia come quelli citati, ma anche il Dolce di Amalfi, una squisitezza da forno, con mandorle e limoni, della quale chi scrive è deliziato da anni, e poi colombe e dessert monoporzione.

Un’opportunità per i golosi capitolini che nasce un po’ per caso: «Eataly è il più grande food store del mondo che punti sull’eccellenza e sull’internazionalizzazione dei nostri migliori prodotti, mi sembrava giusto provare a esserci. Così, ho fatto come sempre: primo ho chiesto consiglio al mio amico Pasquale Torrente, che già collabora con Oscar Farinetti; poi ho bussato portando una selezione dei miei prodotti, “assaggiateli”. Evidentemente sono piaciuti».

limoni-costiera

D’altra parte, ci sono almeno due elementi che accomunano Eataly e De Riso: la ricerca di una qualità replicabile e capace di garantire numeri significativi e una certa visione imprenditoriale, oggi la Sal De Riso è una realtà importante che, senza rinunciare alla propria anima artigianale, conta 39 addetti, un grande laboratorio di 1.500 mq sulla collina di Tramonti, la pasticceria a Minori e un fatturato di 4,5 milioni di euro. Cifre che sono l’esito di una storia nata quasi dal nulla nel 1989, quando lo chef-pasticcere decise di aprire l’azienda: «I miei genitori possedevano un piccolo bar tabacchi a Minori. Io mi sono diplomato all’Alberghiero a Salerno, per sette anni ho lavorato come cuoco in varie cucine d’hotel importanti in Costiera: il Caruso, il Palumbo, il San Pietro… Spesso mi capitava di essere destinato ai dolci, e questo mi piaceva molto. Così, quando ho deciso di creare una mia attività, mi sono trovato di fronte a due opzioni: o un ristorante o un laboratorio per fare i dolci. Visto che i miei avevano il bar, mi è sembrata più logica la seconda».

Ma come riuscire a mantenere una qualità soddisfacente pur moltiplicando la produzione, oggi i prodotti Sal De Riso sono diffusi in tutta Italia e oltre? «Intanto utilizzando ingredienti sempre di altissima qualità: panna fresca, niente margarina o semilavorati, facciamo da soli persino i canditi da inserire nei dolci. Poi, razionalizzando il lavoro: creo tanti piccoli team responsabili di una sola fase di produzione: uno si occupa del pan di Spagna, l’altro della crema, l’altro ancora della farcitura, eccetera. Così ogni gruppo risulta iper-specializzato. Produciamo in base allo stoccaggio, dopo aver abbattuto tutto a meno 18°».

Tecnologia, attenzione e passione, dunque. Ma com’è che dalle parti della Costiera Amalfitana si è creata una vera e propria scuola di pasticceria, con nomi noti in tutta la Penisola? «Nel 1994 sono stato ammesso nell’Accademia Maestri Pasticcieri Italiani, allora ero il primo e unico in tutto il Sud Italia. Ma ho voluto condividere la mia esperienza. Con colleghi che lavorano nella mia zona – penso ad Alfonso PepePasquale Marigliano, Giuseppe Manilia… - c’è sana concorrenza ma anche amicizia, abbiamo fatto gruppo, ci siamo appassionati sempre più». Ne è nata una “Campania dolce” che fa persino incetta di premi al miglior panettone, supera quindi persino i maestri («Ho conosciuto Iginio Massari e Achille Zoia nel 1989. Sono due grandi. Ricordo che Massari me lo presentò Luigi Cremona, mi ha insegnato l’uso del lievito madre»).

L’intuizione decisiva, in quegli anni, è stata quella di puntare tutto sul territorio, «penso di averlo capito prima di tanti altri, all’inizio degli anni Novanta. E poi ho avuto una fortuna: vengo da luoghi che sono veri e propri scrigni di sapori». Formula replicabile anche in futuro oppure De Riso intravvede altre possibili tendenze di sviluppo? Ha le idee chiare: «La strada è ancora questa: novità, creatività, territorio. Va però declinata in modo diverso, serve più leggerezza, sia nella struttura che come calorie». La bilancia ringrazia.

Carlo Passera